Digitale terrestre, al via la nuova codifica dvb-t2. Cosa cambia per gli utenti Rai
Il nuovo standard del segnale televisivo è fruibile sui canali Rai Storia, Rai Scuola e Rai Radio 2 Visual, mentre i canali Rai 1 HD, Rai 2 HD e Rai 3 HD nazionale, Rai 4HD, Rai News 24 HD Rai Premium HD saranno diffusi in alta definizione in Dvb-T2, ed in simulcast anche in Dvb-T.
Per la ricezione del segnale Dvb-T2 non sarà necessario cambiare l’antenna né tantomeno modificare l’impianto Tv. Antenne e impianti attualmente utilizzati per il segnale Dvb-T sono già perfettamente idonei alla ricezione del segnale Dvb-T2. In termini tecnici, ci stiamo lentamente muovendo verso il cosiddetto Digital Video Braodcasting di seconda generazione, il DVB-T2, con il sistema di codifica HEVC, che promette agli spettatori migliore qualità di immagini e suoni. I televisori acquistati a partire dal 22 dicembre 2018 sono compatibili con il nuovo digitale terrestre mentre, per quelli acquistati in precedenza, sarà necessario dotarsi di decoder o, eventualmente, di televisore idoneo. Per continuare a guardare Rai Storia, Rai Radio 2 Visual e Rai Scuola in digitale terrestre occorrerà avere un televisore o un ricevitore compatibile con il nuovo standard europeo. Per scoprire prima di mercoledì se la propria tv è adatta – i ricevitori commercializzati dal 22 dicembre 2018 lo devono essere per legge – bisogna andare al numero 558 con il telecomando e vedere se si riceve “Rai Sport HD Test HEVC”. Si tratta infatti di un canale già trasmesso con il nuovo sistema.
Si troverà sul 100 un cartello per la verifica dell’idoneità dei ricevitori alla ricezione di contenuti in UHD/HDR che potrebbero essere trasmessi sui multiplex DVB-T2 in un prossimo futuro.
La nuova tecnologia, spiegano dal Mimit, migliorerà l’esperienza televisiva degli spettatori grazie alla qualità superiore dell’immagine e alla fruizione di un numero potenzialmente sempre più alto di canali ad alta definizione.
“Il nostro Paese compierà un ulteriore significativo passo verso il futuro della comunicazione digitale e del sistema televisivo nazionale, avviando la transizione al nuovo digitale terrestre con standard di trasmissione Dvb-T2”, ha affermato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso sui suoi canali social. “Questa scelta strategica, in linea con il nuovo contratto di servizio Rai che abbiamo recentemente realizzato, non solo innalzerà la qualità delle trasmissioni, ma rappresenta anche un impegno concreto del governo per un Paese tecnologicamente avanzato e connesso. Più innovazione per il nostro sistema televisivo, più servizi per i nostri cittadini. Avanti su questa strada, verso l’Italia del futuro”, ha aggiunto il ministro.
Macron e il modello europeo per l’intelligenza artificiale
Occorre un modello europeo di intelligenza artificiale. E, detto tra noi, occorrerebbe pure qualcosa in più. L’Europa è indietro nella corsa all’Ai e al digitale. Si consola con il dedalo normativo che va costruendo. L’Ue, regina di ogni burocrazia, è stata la prima a promulgare un regolamento apposito sull’intelligenza artificiale. Ma delle leggi, specialmente in un ambiente che macina miliardi, te ne fai poco se non conti sullo scenario globale. E lo si può fare soltanto pesando di più. Per questo il presidente francese Emmanuel Macron ha lanciato la sfida all’Ue: “L’Europa, che è il luogo in cui abbiamo inventato il Rinascimento» ponendo «l’uomo nel senso generico del termine al centro di tutto, deve avere un modello di innovazione molto specifico, misto, pubblico-privato”, ha detto. Il capo di Stato francese vuole che l’intelligenza artificiale “serva ai nostri scopi collettivi” e l’Europa deve puntare a “cercare di definire le regole della conversazione globale” in questo settore. Dopo le tre “i” di Berlusconi, ecco le tre S di Macron. Il cui modello si “basa su tre cose, tre esse: : scienza, per evitare una forma di cospirazione; standard internazionali comuni, per evitare che le cose vadano in tutte le direzioni; soluzioni comuni, che siano concordate e aperte”.
C’è bisogno di un modello di intelligenza artificiale e c’è bisogno che l’Europa conti di più. Anche, o forse soprattutto, nei confronti dei player dei settori, non soltanto gli Stati, dall’America fino alla Cina, ma rispetto alle aziende che, come il mercato digitale ci ha insegnato, monopolizzano letteralmente determinati settori chiave e strategici lasciando poco o nulla alla concorrenza. “Abbiamo tante possibilità e l’intelligenza artificiale trasforma la nostra quotidianità, ma noi europei guardiamo a tutto ciò con distanza, mentre cinesi e americani investono molto di più”, ha spiegato Macron che ha aggiunto: “Noi europei abbiamo un ruolo importante, abbiamo per questo tutte le capacità e le possibilità, e possiamo proporre un proprio modello”.
Il silenzio delle fonti zittisce i giornalisti, la polemica in Veneto
Il giornalismo italiano ha un problema (serio) con le fonti che restano in silenzio. Non è una novità. E non riguarda, a ben vedere, solo la stampa nazionale. Anche fuori dal nostro Paese, come per esempio in Medio Oriente, sembra che si assista a una vera e propria stretta che fa calare una coltre di silenzio sui casi più interessanti. A complicare il quadro ci sono, poi, i social e i loro interessi economici che impongono algoritmi utili a “nascondere” le notizie promuovendo contenuti di intrattenimento (chiamamoli così, per carità di Patria).
L’ultimo caso, dopo la sollevazione in Sicilia (poi rientrata) sul caso Bayesian, arriva dal Veneto. È successo che sia stata uccisa una donna ad Abano Terme, in provincia di Padova. Ed accade che dagli inquirenti non trapeli nulla, ma proprio niente. Nessuna notizia ufficiale. Cosa che al Sindacato dei Giornalisti Veneti non va per niente giù: “Chi ha paura delle notizie? È la domanda che ci si pone ogni qualvolta qualche magistrato applica, con l’alibi della norma Cartabia, una sorta di censura preventiva, tacitando alla stampa sempre più notizie, arrivando a nascondere addirittura un femminicidio avvenuto ad Abano Terme”. Questo è l’incipit di una lunga nota apparsa sul sito del Sindacato giornalisti Veneto che “dichiara tutto il suo sdegno di fronte alla condotta della procura di Padova che nemmeno dopo l’arresto del marito per l’omicidio della moglie ha ritenuto suo dovere informare l’opinione pubblica”. Un dovere “perché la giustizia – è bene ricordarcelo sempre – è amministrata in nome del popolo italiano. E il popolo italiano ha il diritto di sapere dalla fonte titolata cosa è avvenuto”, spiegano dal Sindacato. Che accusa: “Un fatto di cronaca di una gravità sconcertante che la Procura evidentemente non ha ritenuto di interesse pubblico e di cui si è venuti a conoscenza, quasi cinque mesi dopo, solamente grazie al lavoro zelante di un bravo giornalista del Corriere del Veneto. Persino il sindaco della città termale ha dichiarato di avere appreso la notizia, non senza disappunto e sconcerto, leggendo il quotidiano”.
La vicenda va oltre persino la polemica sulla legge Cartabia, “rispetto al quale il Sindacato Veneto fra i primi ha messo in guardia sul rischio della compressione del diritto-dovere di informare costituzionalmente tutelato”, che “non c’entra nulla”. “Ci può essere di maggiore interesse pubblico di un femminicidio? Tale crimine rappresenta un’emergenza nazionale, cui il Veneto purtroppo non è esente. Eppure i magistrati di Padova hanno ritenuto che l’indagine di Abano non debba essere resa nota. Ripetiamo la domanda: chi ha paura delle notizie?”.